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8 parole che usiamo tutti i giorni senza conoscerne l’origine

Lo sapevate che il nome “denim” deriva dalla città francese di Nîmes? E che il cappuccino che bevete tutti i giorni ha un’origine… monastica? Continuate a leggere per scoprire tante altre curiosità!





L’etimologia – la scienza che si occupa di studiare l’origine delle parole e il modo in cui si sono formate e si sono evolute fino ai giorni nostri – non solo ci aiuta ad arricchire la nostra conoscenza e il nostro vocabolario ma ci permette anche di tenere a mente più facilmente i vocaboli che utilizziamo tutti i giorni.
E, soprattutto, ci regala un sacco di sorprese: lo sapevate, ad esempio, che i jeans sono stati inventati in Europa e il loro nome è italiano al cento per cento?
Ecco a voi una lista di vocaboli che fanno parte della nostra vita quotidiana e che pronunciamo senza conoscerne per davvero la genesi.

Scopriamo assieme l’origine delle parole!

Avocado (origine azteca)

La parola che indica il verde frutto che tanto ci piace mettere nell'insalata arriva da “ahuacati” (appartenente al náhuati, l’antica lingua azteca) e significa – rullo di tamburi – testicolo!
Vi state chiedendo perché? Pensate per un secondo al suo aspetto senza dimenticare che, normalmente, l’avocado si trova in “grappoli” di due o più elementi…
Diciamo che gli antichi messicani, grazie a questo nome, sono riusciti a dimostrare il loro senso dell’umorismo!
Una piccola curiosità: “guacamole” (salsa di avocado) deriva da “ahuacamolli”, parola composta da “ahuaca” (avocado) e “molli” (salsa).

Cappuccino (origine tedesca e italiana)

La bevanda calda a cui non riusciamo a rinunciare di mattina ha un colore simile a quello dei cappucci dei frati. E questo, per noi italiani, è piuttosto semplice da capire.
Quello che non sappiamo, tuttavia, è che questa parola è stata usata per la prima volta a Vienna nel 1790 da Wilhelm Tissot, l’autore della ricetta dello squisito “kapuzinerkaffee”, l’antenato dell’odierno cappuccino. La ricetta venne poi registrata a Venezia nel 1937 e si modificò gradualmente, grazie alle influenze del XX secolo e all'invenzione delle moderne macchine da caffè, fino ad arrivare alla versione che tutti oggi conosciamo e che, per fortuna, ha eliminato l’uso degli albumi montati a neve per fare la schiuma.

Disastro (origine greca)

Il vocabolo “disastro” deriva dal greco antico ed è formato dal prefisso peggiorativo “dis” e da “aster” che significa “stella”: si potrebbe tradurre come “cattiva stella”, “sfortuna”, “disgrazia”.
Gli antichi greci erano terribilmente affascinati dall'astronomia e credevano che le stelle influenzassero negativamente (o positivamente) le loro vite: usavano quindi questa parola per trovare delle giustificazioni a tutto ciò che capitava loro nella vita terrena.

Handicap (origine inglese)

Questa parola deriva dall’espressione inglese “hand in cap” (mano nel berretto) che a sua volta trae origine da un gioco d’azzardo del XVII secolo. Le regole del gioco erano più o meno queste: all’interno di un berretto veniva inserita una certa somma di denaro, corrispondente al valore degli oggetti che i contendenti desideravano scommettere. Un arbitro aveva il compito di controllare che l’ammontare di denaro fosse davvero corrispondente al valore degli oggetti e, in caso contrario, di quanto fosse la differenza. In seguito, l’arbitro e i due giocatori mettevano la mano dentro il cappello e la estraevano aperta se erano d’accordo con la transazione, o chiusa a pugno in caso di disaccordo. A seconda del risultato, la somma di denaro veniva consegnata all’uno o all’altro oppure divisa.
Il gioco è conosciuto dal 1653 ma la parola ha cambiato significato nel tempo.
Inizialmente, veniva utilizzata in varie discipline sportive per promuovere l’uguaglianza tra i partecipanti. (L’idea era che, ad esempio in una corsa di velocità, il corridore più forte partisse in una posizione arretrata in modo da favorire gli altri.)
Solo in seguito il vocabolo ha assunto il significato con il quale lo usiamo oggi: “handicap” è diventato un modo per identificare una disabilità fisica o mentale.

Jeans (origine francese e italiana)

Anche se sembra che non ci sia nulla di più americano che indossare jeans, pare che questo indumento sia stato inventato in Europa e che, senza saperlo, anche il suo nome tradisca questa origine.
I jeans, elaborati a partire da un cotone molto resistente di colore indaco, vennero utilizzati prima di tutto dagli schiavi e dalle persone che parteciparono alla corsa all’oro nel XIX secolo.
La parola “jeans” deriva proprio dalla stoffa quasi indistruttibile inventata nientemeno che a Genova: i marinai che indossavano capi creati con questo materiale venivano chiamati proprio “jeans”, cioè originari di Genova.
La parola “denim”, invece, deriva dalla città francese di Nîmes: per indicare la provenienza del materiale, si diceva “de Nîmes” e da qui… “denim”. È proprio il caso di imparare il francese prima della prossima sessione di shopping!

Salario (origine latina)

Un tempo, il sale non veniva utilizzato solo come condimento: era un antisettico per le ferite (sale > salus > salute), un conservante per il cibo (quando non esistevano i frigoriferi), ma anche una merce di scambio e una vera e propria moneta.
Era così importante e prezioso che veniva anche chiamato “oro bianco”.
Nell’antico Egitto e nella Roma imperiale, gli stipendi dei lavoratori consistevano in quantità di sale e venivano corrisposti alla fine di ogni mese. Ecco come mai la parola “salario” è arrivata fino ai giorni nostri: per fortuna adesso le cose sono cambiate e ci danno soldi veri!

Triviale (origine latina)

Anche se in origine la parola latina “trivium” indicava un incrocio di tre diverse strade, nel tempo si è evoluta ed è diventata sinonimo di qualsiasi tipo di incrocio indipendentemente dal numero di vicoli coinvolti.
Molto presto, il vocabolo ha iniziato a essere utilizzato per descrivere quel preciso luogo della strada dove i viandanti si fermavano a riposare, i negozianti chiacchieravano, dove insomma le persone del popolo trascorrevano i momenti liberi.
L’aggettivo “triviale”, derivato da “trivium”, è stato impiegato dallo storico Svetonio per indicare qualcosa di “popolare, volgare, di poca importanza, molto comune e conosciuto”. Il significato attuale è rimasto praticamente invariato.

Whisky (origine gaelica)
I monaci medievali lo chiamavano “aqua vitae” (“acqua della vita”). Quando l’espressione latina incontrò la lingua gaelica, divenne “uisce beatha”. “Uisce” si modificò prima in “usqua” e infine in “uisky”. Il nome attuale, “whisky”, è una conseguenza abbastanza logica.
La “e” di “whiskey” venne aggiunta in Irlanda e Stati Uniti solo in seguito per indicare alcune qualità di whisky migliori delle altre, in un’epoca in cui la bevanda era ancora considerata qualcosa da lasciare ai ceti più poveri.
Negli altri paesi si dice anche “scotch” per riferirsi al whisky scozzese e in alcune parti del Sud america la parola viene usata per incitare le persone a sorridere nelle foto (proprio come “cheese” in Italia e “patata” in Spagna.)
Questione di gusti: forse il whisky fa sorridere di più del formaggio!



Tratto da: https://it.babbel.com/it/magazine/origine-parole