Guglielmo Embriaco, detto Testa di Maglio
E’ il genovese più valoroso, l’eroe delle crociate, il conquistatore di Gerusalemme e di Cesarea, il signore di Gibeletto, le sue imprese hanno segnato la storia della cultura occidentale.
Guglielmo, della famiglia degli Embriaci, con molti possedimenti nella contrada di Santa Maria di Castello, visse qui, in questa Torre.
Di carattere indomito, forte, scevro da ogni timore, dotato di grande valore guerresco Guglielmo Embriaco si guadagnò il soprannome di Testa di Maglio.
Nei suoi “Annali della Repubblica” Monsignor Giustiniani attribuisce questo appellativo alla fortezza sua, spiegando che il suo significato è capo di martello.
Fu anche abile architetto, stando a quanto racconta Raffaele Soprani nel suo testo “Vite de’ pittori, scultori, ed architetti genovesi“, dove si legge che Guglielmo progettò potentissime macchine da guerra.
Lo definisce uomo di gran prudenza in tutti gli affari, valoroso, ardito, sollecito e di mente svegliata.
Il Soprani racconta che Guglielmo nacque intorno al 1070, da famiglia assai stimata a Genova.
Ma come giunse Guglielmo sotto le Mura di Gerusalemme?
Lo racconta il Caffaro, diplomatico ed annalista che seguì i Crociati nelle loro imprese, narrando le gesta eroiche ed avventurose di questi uomini.
La storia narra che Goffredo di Buglione si recò in Terra Santa in visita al Santo Sepolcro.
Al tempo, come dice il Caffaro, per accedere a quel luogo sacro, bisognava pagare il pedaggio di un soldo di Bisanzio.
I genovesi, al seguito di Goffredo, adempirono al proprio dovere ma Goffredo, in assenza del suo servitore che portava i suoi denari, tardò a versare il suo obolo.
Un soldato di guardia al Sepolcro lo colpì con un pugno e Goffredo, per quell’ offesa, chiese a Dio di concedergli la vendetta.
E’ un’epopea la storia delle Crociate, un romanzo d’avventure ricco di eventi e di colpi di scena. Narra sempre il Caffaro che a Goffredo di Buglione appare l’Arcangelo Gabriele, che gli comanda di liberare la Terra Santa.
Il condottiero chiama a raccolta i più valorosi tra gli uomini, raduna il popolo presso la chiesa di San Siro; promette, a chi lo seguirà, la remissione di tutti i peccati.
L’armata si mette in viaggio, nel 1097 conquistano Nicea, assediano ed espugnano Antiochia, quindi puntano su Gerusalemme.
Da Genova nell’anno 1099, a bordo di due galee, in soccorso all’esercito dei cristiani, partono Guglielmo Embriaco, suo fratello Primo ed un seguito di molti uomini.
Giungono a Giaffa e, per evitare che i saraceni si impossessino delle loro navi, le smontano e si portano dietro il legname, con l’intento di usarlo come materiale per una macchina da guerra.
E qui subentra il genio di Guglielmo Embriaco, la scintilla, il furore della mente che distingue un uomo di grande valore, in questo caso un guerriero, da una persona mediocre.
Guglielmo, di concerto con Goffredo di Buglione, progetta e fa costruire una torre tutta di legno, che essendo fasciata con il cuoio, è in grado resistere alla forza del fuoco.
Il legno è quello delle galee e la torre, essendo ripartita in diversi pezzi, è facilmente trasportabile.
I crociati piazzano la torre sotto le mura di Gerusalemme e lì la posano, pronti per dar l’assalto.
Gli assediati tentano la difesa: con una trave tentano di spingere indietro l’infernale macchinario ma è tutto inutile, l’Embriaco taglia le funi che reggono la trave la quale, cadendo, ritorna utile ai Crociati, divenendo una sorta di ponte coperto sul quale Guglielmo e i suoi compagni passeranno fino a giungere alle mura e alla porta della città.
Questa verrà sfondata e i Crociati conquisteranno così Gerusalemme.
Ma non sono finite le imprese dell’Embriaco.
Tornato in patria, ripartirà di lì a breve nella veste di Generale e condottiero alla conquista di Laodicea e poi ancora, al comando dei suoi uomini, espugnerà Cesarea.
E’ un prode Testa di Maglio e Caffaro, come lui genovese, ne restituisce un ritratto al limite dell’agiografia, lo proietta nel mito e lo ammanta di un alone di incommensurabile fascino.
Racconta di come, sotto le mura di Cesarea, i Crociati posarono le scale per dar l’assalto alla città.
Si apprestano a salire, Guglielmo è in testa a tutti, ma durante l’ascesa la scala si spezza e i compagni dell’Embriaco cadono a terra.
Lui, rimasto solo, non si arrende, continua ad ascendere la torre.
E nella sua salita gli si fa incontro un saraceno, ma nessuno può fermare l’Embriaco e lui, trionfante, conquista la cima della torre, sguaina la spada e voltandosi verso i suoi grida con tutto il furore che ha in corpo: “Salite, salite e prendete in fretta la città!”
Da quell’impresa Guglielmo tornò a Genova portando, tra gli altri, un cimelio che ancora si conserva nel Museo del Tesoro di San Lorenzo: il Sacro Catino, che al tempo si riteneva essere il piatto usato da Gesù nell’ultima cena.
E’ il simbolo del suo valore e della sua vittoria per il quale l’Embriaco nel 1102 fu nominato console della città di Genova.
Otterrà, ad ancor maggior gloria, la signoria sulla città di Byblos, anche detta Gibelletto, in Libano.
Non restano ritratti del condottiero genovese.
Resta la sua mirabile torre, ai piedi di Santa Maria di Castello.
Resta la memoria delle sue imprese e del suo coraggio.
Resta, sulla facciata di palazzo Sangiorgio, un affresco, che lo raffigura, imponente, maestoso, con la spada al fianco e l’elmo sul capo.
Nella mano sinistra stringe il Sacro Catino, quello che Guglielmo Embriaco, detto Testa di Maglio, portò a Genova da Cesarea.
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