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Quali sono le lingue parlate in Italia?

Se andassi in qualsiasi luogo del mondo e chiedessi alle persone che passano per strada quale lingua si parla in Italia, tutti mi risponderebbero: l’italiano! Ma è davvero l’unica lingua parlata in Italia?




L’UNESCO, nel suo Atlante delle lingue in pericolo, ne individua ben 31 solo nel territorio italiano. A conti fatti, però, se ne parlano anche di più. Mica male per un territorio grande la metà della Germania!

Mi sembra giusto iniziare la trattazione con la lingua più diffusa sul territorio.



La lingua italiana e i suoi dialetti

La storia dell’italiano parte nel ‘300, quando era solamente uno tra i tanti dialetti parlati nell'Italia centrale. Per l’esattezza, era la lingua che si parlava a Firenze, all'epoca un importante centro economico e finanziario. Con il tempo, il fiorentino si impose come lingua di cultura in un’area molto vasta e oggi è la lingua ufficiale della Repubblica Italiana. Quella del fiorentino fu una storia prodigiosa… ma che fine fecero gli altri dialetti della Toscana e del centro Italia? Per fortuna sono sopravvissuti e sono ancora molto parlati!

Tra i borghi e i castelli medievali delle montagne appenniniche si possono ascoltare le suggestive parlate umbro-marchigiane, mentre a Roma, tra i monumenti romani e le chiese vaticane, non è raro trovare persone che discorrono nel colorito vernacolo romanesco.

In Toscana si parlano dialetti molto vicini all'italiano standard, ma che si distinguono dal punto di vista fonetico. Infatti, molte consonanti hanno una pronuncia aspirata che dà luogo a una sonorità molto caratteristica nota col nome di “gorgia toscana”. La cosa affascinante è che la gorgia non è uguale per tutti, ma cambia da città a città!

Le lingue regionali d’Italia

In questo paragrafo parlerò degli idiomi che per tradizione vengono definiti dialetti italiani.
Non si tratta però di varietà della lingua italiana. Dal punto di vista linguistico sono idiomi completamente autonomi rispetto alla lingua nazionale, con una propria grammatica, un proprio vocabolario e una tradizione letteraria autonoma. Da nord a sud ce ne sono circa una decina.

Iniziamo il nostro viaggio nell'estremo nord-ovest, dove troviamo il piemontese.
Parlato nel Piemonte centro occidentale, è la lingua con cui fu costruito l’attuale Stato italiano: i grandi attori del Risorgimento come Cavour e Vittorio Emanuele II parlavano prevalentemente piemontese. Per via della sua collocazione, il piemontese è anche la lingua d’Italia che ha risentito maggiormente dell’influsso francese.

In Liguria, a ridosso del mare, si parla invece il ligure, detto anche genovese per via del ruolo importantissimo che Genova (e il rispettivo dialetto) riveste da secoli nell'area. La particolare sonorità della lingua ricorda il portoghese, ed è stata utilizzata dal cantautore genovese Fabrizio De André per comporre l’album Crêuza de mä.
Pochi sanno che il genovese è stato lingua franca del Mediterraneo. Si ritrovano documenti in genovese un po’ dappertutto, dalla Crimea a Gibilterra, dove (incredibile a dirsi) fino all’inizio del Novecento era parlata una forma di dialetto genovese. Oggi, di quell'antico splendore non tutto è perduto. Infatti, una varietà della lingua ligure, il monegasco, è lingua ufficiale del Principato di Monaco.

Continuiamo il nostro viaggio per scoprire la Lombardia, centro pulsante dell’economia italiana, e la sua lingua, il lombardo.
Diffuso in un’area che comprende, oltre alla Lombardia, il Piemonte orientale, il Trentino occidentale, il Canton Ticino e parte del Cantone dei Grigioni in Svizzera, il lombardo è diviso in numerose varietà. Tra di esse, le più celebri sono il milanese, il bergamasco, il ticinese, il bresciano, il bosino, il laghée. Nonostante l’apparente frammentazione della lingua, i parlanti lombardi si capiscono bene tra di loro.

La produzione artistica in lingua lombarda è abbondante. Nella musica, Davide Van De Sfroos è riuscito a ottenere riconoscimento a livello nazionale cantando in lombardo nella sua varietà laghée. Nella poesia, Carlo Porta ha elevato il milanese a lingua letteraria con i suoi spassosissimi sonetti. Per quanto riguarda il cinema, il celebre film “L’albero degli zoccoli”, diretto da Ermanno Olmi, è stato girato interamente in bergamasco.

Andiamo oltre ed esploriamo il nord-est.
In Veneto, nel Trentino orientale e in alcune zone del Friuli Venezia Giulia viene parlata la lingua veneta, nota anche come veneziano. Questa lingua fu molto importante soprattutto durante il Medioevo e l’Età moderna, tanto che alcune parole veneziane sono diventate internazionali.
Molti dicono che il veneziano fu la lingua ufficiale della Repubblica di Venezia. In realtà non sempre i documenti venivano scritti in questa lingua. In ogni caso, era in veneto che parlavano il Doge e il Gran Consiglio che governava la Serenissima Repubblica.

Dal punto di vista numerico, il veneto è probabilmente l’idioma più parlato della regione dopo l’italiano, ma non certo l’unico! In mezzo alle montagne dell’Alto Adige, infatti, 30.000 tenaci uomini di montagna conservano un antichissimo idioma tipico di quella zona: il ladino.
Questa lingua si divide in 5 varietà parlate in diverse vallate. Alcune di esse sono influenzate dal veneto, mentre altre risentono dell’influsso tedesco. La diversità però non è un problema, poiché esiste una forma standard di ladino (il cosiddetto ladin standard). Alcune comunità, tuttavia, preferiscono leggere e scrivere con la grafia del proprio dialetto.

Passiamo ora al Friuli, regione che ha un idioma caratteristico: il friulano. Questa lingua ha avuto un trascorso piuttosto sfortunato. Sembra che nel Medioevo fosse molto più diffuso, arrivando addirittura fino alla Slovenia e al Veneto centrale. Nel corso dei secoli il friulano è notevolmente arretrato ed è scomparso anche da molti centri urbani del Friuli, come ad esempio il capoluogo Udine. Durante il XX secolo iniziò un percorso di recupero della lingua friulana che riportò l’idioma nelle città e gli diede nuovo prestigio. A questo movimento prese parte anche l’intellettuale Pier Paolo Pasolini.

Appena a sud del Po si parlano emiliano e romagnolo. Sono due lingue molto simili tra loro che in genere vengono considerate separate per motivi identitari.
L’emiliano è tipico dei territori posti tra la Pianura Padana e l’Appennino resa famosa in tutto il mondo dai film di Don Camillo e Peppone.
Il romagnolo, invece, è una lingua tipica del litorale adriatico, delle province di Rimini e Cesena, della Repubblica di San Marino e delle Marche settentrionali. Il regista Federico Fellini usò il romagnolo, sua lingua nativa, per il titolo di uno dei capolavori del cinema italiano. Si tratta di “Amarcord”, che significa “mi ricordo”.

Facciamo ora un salto di qualche migliaio di chilometri e andiamo nell’Italia meridionale, dove troviamo l’idioma che l’UNESCO definisce come lingua napoletana. Prima di proseguire, però, devo chiarire una cosa!
Infatti, per lingua napoletana si intende tutto il sistema di dialetti che dall’Abruzzo scende fino alla Calabria comprendendo anche la Puglia centrale e settentrionale, il Molise, la Campania e la Basilicata. Le parlate di quest’area sono molto simili, tanto da poter essere considerate un’unica lingua.
Di queste varianti, quella parlata a Napoli è senza dubbio una delle più conosciute. La prestigiosa tradizione musicale napoletana ha portato in tutto il mondo canzoni in questa lingua, come “Funiculì funiculà”, “‘O surdato innamorato”, “Tu vuò fa’ l’americano” e molte altre.

Infine, all’estremità meridionale dell’Italia troviamo la lingua siciliana. Anche in questo caso, non si deve pensare solo all’idioma parlato nella regione Sicilia. Secondo l’UNESCO infatti i dialetti di tipo siciliano si estendono anche nella Calabria centro meridionale e nel Salento.
La letteratura italiana ed europea devono molto al siciliano. Fu in questo idioma che venne inaugurata una nuova tradizione che influenzò la produzione letteraria dell’Europa medievale: la poesia della Scuola Siciliana. Purtroppo la maggior parte delle poesie di questa scuola ci è giunta in traduzione toscana. In compenso questa lingua è ancora molto parlata nelle regioni d’origine.

In Sardegna, ai limiti estremi dell’area geografica italiana, si è sviluppata la lingua sarda, un idioma autoctono che presenta caratteristiche uniche nell'intero panorama delle lingue europee. Sarà per la posizione dell’isola, sarà per il tradizionale carattere indipendente dei sardi, sta di fatto che nel sardo si possono trovare suoni e parole derivati direttamente dal latino parlato da Cesare e Cicerone. Forse fu per questo che Dante definì il sardo come uno “scimmiottamento del latino”.
In Sardegna però non si parla solo il sardo, ma varietà linguistiche vicine al corso. Sto parlando del gallurese e del sassarese, che derivano direttamente da un’antica forma di toscano portata dai coloni pisani che governarono la Corsica e la Sardegna durante il Medioevo.

Lingue straniere in Italia

In Italia sono presenti delle “prosecuzioni naturali” delle lingue dei paesi limitrofi. Immaginale come delle “sbavature linguistiche” che, per una serie di coincidenze storiche, si sono ritrovate all’interno dei confini italiani.
Partendo da nord-ovest, troviamo l’occitano, l’antica lingua dei trovatori provenzali che fu tanto apprezzata durante il Medioevo. Oggi è parlato, oltre che nella Francia meridionale, anche in Piemonte sud occidentale.
Un’altra lingua regionale francese, il francoprovenzale, è una lingua tuttora molto parlata in Val d’Aosta e nel Piemonte nord-occidentale. Nella Valle d’Aosta, inoltre, è ufficiale la lingua francese e sono molte le persone che lo usano in alternativa all'italiano.

Molti pensano che nel Trentino Alto Adige si parli in tedesco, ma la realtà è un po’ diversa! Infatti, accanto al tedesco standard, che ha status ufficiale, si parla il sudtirolese, un dialetto strettamente correlato al bavarese e alle parlate dell’Austria. Un altro dialetto dello stesso ceppo è diffuso nei comuni di lingua tedesca dell’estremo nord del Friuli.

Infine, lo sloveno è lingua ufficiale nel Friuli orientale e nella città di Trieste, dove viene parlato almeno dai tempi di Carlo Magno.

Le isole linguistiche

Fino ad ora abbiamo parlato di idiomi che sono parlati su superfici molto estese, ma esistono anche lingue parlate da comunità molto piccole, come paesi di montagna o città arroccate sugli altipiani.
Si tratta di comunità linguistiche con una storia particolarmente affascinante alle spalle.

Gli ultimi eredi della Magna Grecia

In Italia si parla una forma particolare di greco, detta grecanico. Per molto tempo si è pensato che i grecanici fossero i discendenti di immigrati giunti dalla Grecia nel Medioevo per via della dominazione bizantina nel Sud Italia.
Studi più recenti sembrerebbero indicare che i greci d’Italia vivono in Calabria e nel Salento da almeno 2500 anni. Sarebbero quindi gli ultimi discendenti delle antiche colonie della Magna Grecia. Questo li rende la minoranza linguistica più antica d’Italia.

Giù verso le montagne

Intorno all'anno Mille si verificò un fenomeno chiamato optimum climatico medievale. Dopo un periodo di freddo, pestilenze carestie, la vecchia Europa vide una fase climatica insolitamente calda. La popolazione iniziò a crescere, i ghiacciai si ritirarono e quindi partì la colonizzazione delle montagne.

Intere comunità provenienti dalla Svizzera tedesca e dall'Austria migrarono verso le Alpi italiane, portarono la loro cultura di pastorizia e agricoltura montana e anche la propria lingua, che ancora sopravvive in alcune località.
Il walser, imparentato con lo svizzero tedesco, è ancora utilizzato in piccoli comuni della Val d’Aosta e del Piemonte settentrionale.
Il mocheno e il cimbro sono invece lingue di minoranza del ceppo bavarese parlate rispettivamente nella Valle dei Mocheni in Trentino e nell'Altopiano di Asiago in Veneto.

Non fate arrabbiare gli aragonesi…

La Sardegna, per la sua natura geografica, è sempre stata una terra contesa tra le potenze della penisola iberica e di quella italica.
Nel Medioevo l’isola fu sottomessa agli aragonesi, provenienti dal territorio dell’odierna Spagna nord-orientale. Ad Alghero devono averla fatta veramente grossa. Infatti, l’esercito aragonese deportò tutta la popolazione e ripopolò la città con coloni provenienti dalla Catalogna.
Ancora oggi i loro discendenti parlano catalano.

Gli eredi dei cavalieri

In molti paesi del Sud Italia si parlano lingue che… non dovrebbero essere lì! Infatti, troviamo lombardi in Sicilia e in Basilicata, franco-provenzali in Puglia e occitani in Calabria!
Come mai?

Queste comunità sono le eredi di soldati di ventura che combatterono in Italia meridionale per conto di vari signori feudali della zona. I mori se ne erano andati da un po’, lasciando molti terreni incolti. Il clima era ideale, la terra era ricca, e quindi le milizie decisero che era una buona idea farsi pagare in terreni piuttosto che in moneta sonante.
Pare che sia andata bene, perché i loro discendenti oggi sono ancora tra noi e parlano la lingua dei loro antenati!

Via dai Turchi

Nel ‘400 gli ottomani conquistarono Costantinopoli e dilagarono nei Balcani. Non fu certo un momento felice per l’area, dato che molti profughi attraversarono l’Adriatico per stabilirsi in Italia.
Tra di essi, moltissimi albanesi. Oggi l’albanese d’Italia (Arbëreshë) è ancora diffuso in molti comuni sparsi un po’ in tutto il sud Italia.
Ma gli albanesi non furono i soli a fuggire dai turchi. Infatti, anche alcuni croati provenienti dall'attuale Dalmazia trovarono la pace tra le montagne del Molise, dove tutt'ora esistono tre paesi dove è comunemente parlato lo slavo molisano.

Genovesi in Sardegna

Prima, parlando della lingua ligure, vi ho detto che era diffusa in diverse altre località del Mediterraneo. Tra di esse c’era anche l’isola di Tabarca, al largo delle coste dell’odierna Tunisia.
Nel corso del Settecento la colonia genovese fu costretta a spostarsi, trovando riparo in un’isoletta della Sardegna, Sant’Antioco. Ancora oggi in quella località si parla una varietà pura e antica di genovese nota col nome di tabarchino.

Una lingua indiana in Italia

Quando racconto che in Italia si parla da secoli una lingua strettamente imparentata con il sanscrito e l’hindi tutti mi prendono per matto. Eppure il romanì, lingua dei popoli rom e sinti, viene davvero dall'India!
Non è chiaro esattamente quando giunse in Italia, ma si stima tra il 1300 e 1400. Oggi è parlato a macchia di leopardo in tutto il territorio nazionale.

Una lingua non parlata

Concludo questa rassegna parlando di una lingua che da molti non è considerata tale, ma che per molte persone è un sistema di comunicazione quotidiano: la lingua italiana dei segni (LIS). Si tratta di una lingua non verbale che viene utilizzata prevalentemente dalle persone sordomute, dai loro parenti e amici e dal personale sanitario.
Il vocabolario della LIS è sorprendentemente ampio e si sta ampliando di giorno in giorno grazie all’uso vivo della lingua.

Eccoci giunti alla fine dell’articolo. Questo è solo un piccolo assaggio della diversità linguistica italiana!

Se volete approfondire, ecco una risorsa interessante: la lista delle lingue parlate in Italia, dove potrete trovare informazioni sulla vitalità delle lingue, sulle loro varietà locali e potrete anche ascoltare alcune di queste lingue dalla viva voce dei parlanti.




Tratto da: https://it.babbel.com/it/magazine/lingue-italia