Nonostante si tratti di un prodotto tipico napoletano, però, il gelato non gode del riconoscimento e della stima che meriterebbe, nonostante Napoli sia madre di molte fra le invenzioni più famose nel campo della gelateria, dalla nascita dei gelati artigianali all'invenzione del Cornetto e, da un gelataio napoletano a Torino, del gelato con lo stecco.
Più in generale, le storie legate al mondo della gelateria sono spesso bistrattate e poco note, un po’ come se si parlasse di un dolce povero e di poco conto: quanti si sono chiesti infatti chi ha inventato il gelato e perché è diventato uno dei dolci più famosi nel mondo?
Cinesi, romani e Marco Polo
Il gelato è uno dei dolci più antichi della Storia umana: fu inventato, nella sua variante alla crema, in Cina circa 4000 anni fa, con delle palle di crema di riso, spezie e latte congelate sotto la neve per poi essere consumate fredde. L’origine del sorbetto invece è di più difficile ricostruzione, essendo una ricetta semplicissima e facilmente “inventabile” da chiunque: sono state trovate in Egitto alcune coppie di coppe di 2700 anni fa, in cui una doveva contenere del ghiaccio e l’altra del succo di frutta; a Roma moltissimi autori parlano dell’estrema diffusione del sorbetto presso tutte le classi sociali (Nerone fece costruire una strada solo per farsi portare il ghiaccio dagli Appennini), così come erano notissimi in Grecia i gelati alla frutta (addirittura Platone elogia il sorbetto in uno dei suoi scritti!); allo stesso modo, anche presso gli Aztechi ed i Giapponesi si consumavano sorbetti alla frutta da tempi immemori: difficile quindi stabilire chi sia stato il primo a scoprire l’accoppiata fra ghiaccio e frutta, per giunta più simili alle granite che ai gelati.
Il gelato è uno dei dolci più antichi della Storia umana: fu inventato, nella sua variante alla crema, in Cina circa 4000 anni fa, con delle palle di crema di riso, spezie e latte congelate sotto la neve per poi essere consumate fredde. L’origine del sorbetto invece è di più difficile ricostruzione, essendo una ricetta semplicissima e facilmente “inventabile” da chiunque: sono state trovate in Egitto alcune coppie di coppe di 2700 anni fa, in cui una doveva contenere del ghiaccio e l’altra del succo di frutta; a Roma moltissimi autori parlano dell’estrema diffusione del sorbetto presso tutte le classi sociali (Nerone fece costruire una strada solo per farsi portare il ghiaccio dagli Appennini), così come erano notissimi in Grecia i gelati alla frutta (addirittura Platone elogia il sorbetto in uno dei suoi scritti!); allo stesso modo, anche presso gli Aztechi ed i Giapponesi si consumavano sorbetti alla frutta da tempi immemori: difficile quindi stabilire chi sia stato il primo a scoprire l’accoppiata fra ghiaccio e frutta, per giunta più simili alle granite che ai gelati.
Stampa del 1835 che raffigura un sorbettiere napoletano
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Per trovare il gelato moderno in Italia bisognerà aspettare la fine del Medioevo, con i viaggi di Marco Polo che portarono dalla Cina la tradizione del gelato; nel rinascimento cominciò poi a comparire nei menù di tutte le corti rinascimentali italiane, sotto forma di semifreddo al gusto di crema. Il grande limite legato alla diffusione del gelato, però, fu sempre quello della sua conservazione, almeno fino all’invenzione del freezer, che risale alla fine del XIX secolo.
E Napoli?
Non stette a guardare. Anzi, il Sud Italia era già nel ‘600 conosciuto come “patria dei sorbetti“, in special modo quelli preparati con gli agrumi della Costiera Amalfitana: il capocuoco della corte di Napoli, Antonio Latini, pubblicò il primo ricettario di gelati alla frutta nel 1650. Non è poi un caso che il medico Filippo Baldini abbia pubblicato nel 1770 a Napoli il “De Sorbetti“, il libro che decretò la nascita ufficiale del gelato artigianale moderno: nel suo libro spiegò che il consumo del gelato a Napoli non era affatto una cosa solo per nobili, ma era normalmente servito anche nelle locande popolari in città.
Il gelato Neapolitan e l’America
Questa tradizione dolciaria, un po’ sbiadita fra le tante pagine dorate della storia della cucina napoletana, sopravvive inconsapevolmente in un prodotto che tutto sembra tranne che napoletano. In America, infatti, il gelato più amato si chiama proprio “Neapolitan” proprio perché legato alla sua terra di origine.
Un po’ come la “scoperta” della dieta mediterranea da parte di Ancel Keys, gli americani hanno ingenuamente raccontato una tradizione secolare in una ricetta commerciale: il Neapolitan è infatti un nome che nel Nuovo Continente rappresenta un’istituzione: il gelato per eccellenza, quello che compare spesso anche in film, serie tv e romanzi ambientati negli Stati Uniti.
Questa tradizione dolciaria, un po’ sbiadita fra le tante pagine dorate della storia della cucina napoletana, sopravvive inconsapevolmente in un prodotto che tutto sembra tranne che napoletano. In America, infatti, il gelato più amato si chiama proprio “Neapolitan” proprio perché legato alla sua terra di origine.
Un po’ come la “scoperta” della dieta mediterranea da parte di Ancel Keys, gli americani hanno ingenuamente raccontato una tradizione secolare in una ricetta commerciale: il Neapolitan è infatti un nome che nel Nuovo Continente rappresenta un’istituzione: il gelato per eccellenza, quello che compare spesso anche in film, serie tv e romanzi ambientati negli Stati Uniti.
Moltissimi prodotti sono contraddistinti come “neapolitan” per l’abbinamento dei tre gusti tipici della ricetta italoamericana
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Per scoprire le origini del Napolitan Ice Cream bisogna fare un salto indietro di 200 anni: precisamente nella prima grande emigrazione meridionale verso le Americhe dovuta alla crisi vissuta da Napoli dopo l’Unità d’Italia.
Migliaia e migliaia di disperati si gettavano quindi fra le mani di strozzini e trafficanti di uomini che, partendo da Le Havre, spedivano nel Nuovo Continente informi masse di reietti che affrontavano pericoli, orrori e traversie non molto diverse da quelle vissute dai migranti moderni.
Giunti nella Terra Promessa, ognuno si industriava come poteva per riuscire a garantirsi una vita dignitosa: le grandi città americane si dividevano in ghetti per ogni nazionalità ed ogni migrante provava a mantener vive le tradizioni della propria terra: così fecero i napoletani, esportando in America (fra le tante cose) lo Spumone, uno dei dolci della tradizione che, presto, si adattò ai gusti dei nuovi clienti anche perché molti ingredienti erano di non facile reperibilità.
Lo Spumone originale è un gelato semifreddo con tre strati: nocciola, stracciatella e cioccolata, con all'interno pezzettini di cioccolato e di mandorle tritate, di forma cilindrica. La versione italoamericana, invece, diventò un gelato con vaniglia, fragola e cioccolato (i gusti più venduti in America nel XIX secolo) ed assunse il nome di “neapolitan“, identificandolo con la nazionalità dei gelatai che si piazzavano con bancarelle e chioschi ai margini delle strade di Nuova York e che, per pochi centesimi, vendevano piccoli gelati ai passanti. I gelatai napoletani erano anche chiamati dai bambini “Hokey Pokey”, onomatopeizzando in inglese l'”Ecco un poco!” che esclamavano i venditori quando servivano il gelato ai clienti.
Il dolce riscosse un successo immediato, tanto da diventare rapidamente un elemento tipico della cultura popolare statunitense che, ancora oggi, è presente nella dieta degli americani: nel cuore degli Stati Uniti, che nel XX secolo si trasformarono nel centro di riferimento della cultura occidentale, scorre ancora una dolce vena napoletana.
Così, in un paradosso culturale, negli anni in cui Carosone cantava a Napoli Tu vuò fa l’ americano!, gli americani mangiavano Pizza & Neapolitan Ice Cream.
Migliaia e migliaia di disperati si gettavano quindi fra le mani di strozzini e trafficanti di uomini che, partendo da Le Havre, spedivano nel Nuovo Continente informi masse di reietti che affrontavano pericoli, orrori e traversie non molto diverse da quelle vissute dai migranti moderni.
Giunti nella Terra Promessa, ognuno si industriava come poteva per riuscire a garantirsi una vita dignitosa: le grandi città americane si dividevano in ghetti per ogni nazionalità ed ogni migrante provava a mantener vive le tradizioni della propria terra: così fecero i napoletani, esportando in America (fra le tante cose) lo Spumone, uno dei dolci della tradizione che, presto, si adattò ai gusti dei nuovi clienti anche perché molti ingredienti erano di non facile reperibilità.
Lo Spumone originale è un gelato semifreddo con tre strati: nocciola, stracciatella e cioccolata, con all'interno pezzettini di cioccolato e di mandorle tritate, di forma cilindrica. La versione italoamericana, invece, diventò un gelato con vaniglia, fragola e cioccolato (i gusti più venduti in America nel XIX secolo) ed assunse il nome di “neapolitan“, identificandolo con la nazionalità dei gelatai che si piazzavano con bancarelle e chioschi ai margini delle strade di Nuova York e che, per pochi centesimi, vendevano piccoli gelati ai passanti. I gelatai napoletani erano anche chiamati dai bambini “Hokey Pokey”, onomatopeizzando in inglese l'”Ecco un poco!” che esclamavano i venditori quando servivano il gelato ai clienti.
Il dolce riscosse un successo immediato, tanto da diventare rapidamente un elemento tipico della cultura popolare statunitense che, ancora oggi, è presente nella dieta degli americani: nel cuore degli Stati Uniti, che nel XX secolo si trasformarono nel centro di riferimento della cultura occidentale, scorre ancora una dolce vena napoletana.
Così, in un paradosso culturale, negli anni in cui Carosone cantava a Napoli Tu vuò fa l’ americano!, gli americani mangiavano Pizza & Neapolitan Ice Cream.
Tratto da: http://www.storienapoli.it/2018/04/16/napoli-la-patria-del-gelato-in-america/