Una parola che ancora rimbomba, e si ripete ancora nelle conversazioni per indicare un giovane strafottente, sicuro di sé, forse un troppo, spesso con comportamenti da bullo.
“Chill, vo fa o guappo”
Ma da dove viene?
L’origine è ancora discussa.
Sicuramente si fa risalire al secondo Dopoguerra.
C’è chi dice che derivi dallo spagnolo “guapo” che in italiano vuol dire “bello”, che ha tra altre accezioni “uomo rissoso e millantatore”.
La parola spagnola si rifà al latino “vappa” (in senso figurato un degenerato, uomo buono a nulla, cattivo soggetto, pelandrone).
Dal “guappo” napoletano si fa derivare il termine americano Wop, che si usa per indicare in senso dispregiativo gli italiani, ai quali per stereotipo sono attribuiti atteggiamenti spavaldi, volgari e violenti.
Anche se, alcuni dicono il contrario: WOP non sarebbe altro che With-Out-Passport.
Gli immigrati italiani sprovvisti di passaporto erano malvisti dalla popolazione americana, il cui pregiudizio portò ad identificare ogni italiano come un WOP.
Il tentativo di ripetere in italiano questa parola inglese avrebbe dato vita alla parola ‘guappo’, da cui la pronuncia uapp.
E chi è?
Francesco Barbagallo in “La modernità squilibrata del mezzogiorno d’Italia”, definisce il guappo un “plebeo camorrista“ di origini borghesi, fortemente esibizionista, imprenditore criminale, che svolgeva nella Napoli degli anni Cinquanta la funzione dell’intermediario mercantile tra i contadini e la commercializzazione dei prodotti agricoli.
Un mix tra un malavitoso ed un giustiziere, a cui ci si rivolgeva per difendersi nelle dispute. Un uomo ben curato nell’aspetto fisico, dalla postura impostata, amante dell’abbigliamento abbastanza vistoso e talvolta eccessivo, sicuro di sé e del suo ruolo, pronto ad intervenire sempre.Gli introiti e il rispetto derivavano al guappo per la sua pratica di proteggere gli abitanti di un quartiere dai soprusi commessi dai delinquenti della zona o delle zone limitrofe.
Si prodigava inoltre per cercare di “far mettere la testa a posto” ai giovanotti che non intendevano sposare le giovani partenopee con cui avevano concepito un figlio.
Solo in seguito questa figura, così simbolica e potente, perderà peso dinnanzi alle organizzazioni malavitose sempre più numerose, come la camorra, sino a diventarne parte.
Curiosa è l’espressione “guapp ‘e carton” che si usa per indicare chi si dà delle arie e fa le cose come fosse un “boss”, credendo di essere chissà chi, quando in realtà non è che tutta apparenza, “una sagoma di cartone”.
Il personaggio del guappo è stato celebrato per decenni nella sceneggiata napoletana come nel famoso L’oro di Napoli, in celebri canzoni napoletane come Guapparia di Libero Bovio e Falvo, o in commedie come Il sindaco del Rione Sanità di Eduardo de Filippo.
Tratto da: http://www.storienapoli.it/2018/04/23/o-guappo-e-cartone/