Cerca nel blog

Salerno, storia semisconosciuta di un porto [AVANZATO]

In età longobarda, Salerno non aveva un unico porto, ma piuttosto un nugolo di scali tra la città e il fiume Sele, la cui foce costituiva un approdo importante, come testimonia anche il geografo arabo
Al-Idrisi.

Campania, Puglia e Calabria nella mappa di Al-Idrisi – a destra si scorgono “Salarnu” (Salerno), “Malf” (Amalfi), “Sarant” (Sorrento), “Nabal” (Napoli)


In età longobarda, Salerno non aveva un unico porto, ma piuttosto un nugolo di scali tra la città e il fiume Sele, la cui foce costituiva un approdo importante, come testimonia anche il geografo arabo Al-Idrisi. Fin dall'epoca bizantina, però, era attivo il porto collocato nella rada direttamente sotto il monte Bonadies, strategicamente difesa dalla “Turris Maior“, porto che sotto i principi longobardi aveva già la sua importanza come snodo commerciale per i contatti con Amalfi e con lo stesso Nord Africa.
È solo con la conquista normanna, però, che Salerno riesce ad affermarsi come emporio internazionale per Pisani, Genovesi, Catalani, Marsigliesi, Fiamminghi, Arabi e Romei. Il porto diviene lo scalo principale di una città già capitale durante la dominazione longobarda e poi normanna e mantiene la sua importanza, grazie alla felice posizione geografica anche con gli Svevi.

L’imperatrice Costanza prigioniera lascia Salerno alla volta di Messina – Miniatura dal “Liber ad Honorem Augusti” di Pietro da Eboli –  Italia meridionale, fine XII / inizio XIII sec.

Alla fine del dominio normanno il sistema portuale del Regno di Sicilia era incardinato ancora su pochi porti, nella maggior parte dei casi concessi in feudo ad abati o vassalli della Corona. Con Enrico VI, nel 1197, era stato concesso il privilegio del Porto Franco a Messina, ma non esisteva una vera e propria regolamentazione della portualità in tutto il Regno.
Federico II, con l’ Ordinatio novorum portuum per regnum ad extraenda victualia del 5 ottobre 1239, è il primo a varare una riforma portuale, potenziando gli scali già strategici per Bizantini, Longobardi e Normanni e ampliandone di nuovi a scopo commerciale e difensivo, ponendo al tempo stesso le basi per un ordinamento giuridico dei porti e affidandone una gestione tecnica a ufficiali regi ad essi preposti come i mastri portulani, con funzioni amministrative e propulsive per i traffici marittimi finalizzate ad attirare mercanti, armatori ed espandere fondaci. Grazie a questo intervento, i porti del Sud diventano fondamentali punti per il commercio con i maggiori empori internazionali del Medioevo ed in particolare con il ricchissimo Oriente. Il testo, contenuto nel Registro di Cancelleria di Federico istituisce undici nuovi custodes portuum: due in Sicilia (Trapani e Augusta ), gli altri nella parte peninsulare del Regno: Torre del Garigliano, Pozzuoli, Vietri e Vibo sul Mar Tirreno; Crotone sullo Ionio; Pescara, Rivoli, Torre a Mare e S. Cataldo di Bari sull'Adriatico.
Ai custodes portuum si affianca un notarius per la redazione delle scritture contabili. Ad ogni porto corrisponde un ambito regionale vocato alla produzione cerealicola destinata a confluire in esso realizzando un sistema logistico ante litteram tra masserie e scali marittimi. L’Ordinatio novorum portuum è strutturata sotto forma di enciclica e contiene l’elenco degli incarichi imperiali nei porti affidati alla loro giurisdizione. Essa stabilisce come questi funzionari debbano agire, secondo un criterio geografico, e i criteri di successione. Il tutto è contenuto in un prospetto completo e schematico dei nuovi porti e dei funzionari ai quali quei porti sono stati affidati, un vero e proprio organigramma da tenere sempre aggiornato e al quale poter fare riferimento ogni volta si rendesse necessario comunicare con i responsabili di questo o quel porto. Nella lista sono immediatamente percepibili le informazioni relative al personale addetto all'amministrazione di ciascun porto; è distribuito su tre righe secondo un unico schema: sulla prima riga il nome della località dove era stato istituito lo scalo portuale, sulla seconda quello del custos o dei custodes, sulla terza quella del notarius incaricato della redazione degli atti amministrativi e della registrazione delle scritture finanziarie.
La disciplina distingue porti di nuova costruzione (Vietri, Rivoli, San Cataldo di Bari, Torre di Mare, Vibo, Crotone, Augusta e Trapani) da quelli già esistenti. Figura cardine dell’ordinamento portuale, chiaramente ispirato alle Constitutiones di Melfi, era il Magister Portulanus, ufficio di creazione normanna, con incarico di sorveglianza sull’operato dei custodes portuum, sull’andamento dei traffici marittimi e sulla riscossione dei diritti portuali.
Federico II, attua pertanto, una politica di riforma del sistema commerciale del Regno in cui i magistri portulani diventano i responsabili diretti della gestione dei commerci marittimi, sia per quanto riguardava l’esazione dei diritti di estrazione dei cereali, sia per la gestione dei meccanismi commerciali. La loro presenza si rende necessaria per adeguare la rete dei porti alle nuove esigenze di politica economica del sovrano. I porti individuati fanno “sistema” e vengono utilizzati da navi armate prevalentemente da mercanti genovesi, pisani e veneziani che, grazie alla politica di vantaggi fiscali che aveva concesso Federico, individuano nel Regno di Sicilia un fiorente mercato e uno Stato ben disposto a coniugare economia curtense ed economia del mare.
Salerno, fedelissima città regia, dopo la fine dell’indipendenza amalfitana e la conquista normanna, ha così il privilegio di diventare il porto tirrenico più importante del Regno di Sicilia. Il culmine è raggiunto sotto il regno di Manfredi con l’istituzione di una Fiera mercantile voluta fortemente sia dal cancelliere del re Giovanni Da Procida sia dal vescovo di Salerno. La Fiera è istituita con un privilegio regio del 1259 e si svolge ogni anno per otto giorni a settembre in onore del Santo Patrono Matteo. L’evento è poi raddoppiato da Carlo D’Angiò nel 1303, passando da otto a quindici giorni con altro appuntamento a maggio. Dell’impegno di Manfredi per il porto resta, a imperitura memoria, la lapide custodita nella Cattedrale di Salerno, dopo il suo ritrovamento tra i flutti, nel 1568, che recita:

“Anno del Signore 1260: Manfredi, Signore magnifico Re di Sicilia, figlio dell’imperatore Federico, per intervento del signor Giovanni da Procida, grande cittadino Salernitano, Signore dell’Isola di Procida, di Tramonti, di Caiano e della Baronia di Postiglione, e amico e familiare del Re, ha fatto costruire questo porto”.

Porto e fiera permettono alla città di diventare piazza per i mercanti d’oltremare che giungono a Salerno in nave, fino a quando, con i d’Angiò, Napoli non diviene capitale politica e mercantile.


Tratto da: https://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com/2019/08/10/salerno-storia-semisconosciuta-di-un-porto/